Ci trattano come bambini, o minorati mentali, o qualsivoglia interdetti, se preferite.
Eh. Sì.
Ci ritengono incapaci di decidere per noi stessi e di farci un’idea libera del reale. Altrimenti non riempirebbero di “avvisi” le pagine web con messaggi del genere “Media controllato dai Russi” o “Il contenuto ha violato la normativa del tuo Paese” come accade su Telegram (senza dirci, come legge esigerebbe, neanche quale norma e quale articolo… mentre la trasparenza sul procedimento e condotta contestata sono l’anima dello stato di diritto).
Abbiamo ricevuto infatti oggi, da uno dei nostri contatti, l’indirizzo a un documentario trasmesso da un’emittente russa e dedicato a Darya Dugina, o Darja Platonowa a seconda del cognome in uso. Figlia del filosofo e politologo Alexandr Dugin. Filosofa saltata per aria in un attentato terroristico lo scorso 20 agosto. Purtroppo il documento è in russo, ma confidiamo che qualche anima pia lo doti almeno di sottotitoli inglesi, se non italiani. Qui alla Torre lo avremmo già fatto se conoscessimo il russo. Anche per questo motivo non ci addentreremo che per pochissimo su una valutazione relativa ai contenuti, ma vi parleremo delle circostanze relative a questo fatto tal quale si presenta nel modo in cui si presenta.
Il nocciolo del ragionamento e delle motivazioni con cui
per vedere il documentario (consigliando di videoregistrarlo, non si sa mai, causa censura) sono le seguenti: noi alla Torre siamo convinti che l’accesso all’informazione debba avvenire pubblicamente, liberamente e senza caveat di sorta. O, peggio che mai, censure. Specialmente quando avvisi del genere non ci sono mai stati propinati, in 40 anni che abbiamo visto, con la maturità capace di averne cognizione, sulle TV del nostro paese informazione e narrative mai catalogate come “Media controllato dagli Stati Uniti e circolante nei paesi della loro area di influenza”. Questo nonostante casi conclamati di falsità e menzogne. Come le fiale di armi batteriologiche inesistenti (Colin Powell), le bugie della figlia dell’ambasciatore del Kuwait sui neonati uccisi nelle culle dai soldati di Saddam, o di violenza manipolatoria, come le bombe della strategia della tensione, e le trasmissioni, documentari e servizi relativi; oppure le varie trasmissioni durante le varie Guerre del Golfo… i ritratti fornitici dai vari nemici di turno del blocco atlantista, eccetera eccetera eccetera.
40 anni di comunicazione pubblica generosamente infarcita di balle e propaganda o durante scenari di aperta manipolazione a mezzo terrore, senza che nessun “neutrale” fornitore di servizi o infrastruttura ci preavvertisse del contenuto non proprio onesto, specchiato e disinteressato delle trasmissioni o neanche della fonte reale.
Allora credo che mostrare e dare accesso a un documentario del genere, proveniente da una TV russa, come si sbracciano a “avvisarci”, non si possa che leggere, stavolta onestamente, da parte nostra, come un preciso atto politico. Un atto politico di resistenza che va nella seguente direzione: informazione libera. Accesso libero. Libera disponibilità a che il nostro lettore giudichi ciò che gli proponiamo in una gamma che vada dalla spazzatura propagandistica, passando per una informazione quale che sia, fino alla verità divina rivelata. Quello che vedrete lo giudicherete voi e solo voi. E sceglierete solo voi che credito attribuire al materiale.
Questo giudizio infatti spetta a Voi, che siete i nostri lettori.
Non a noi.
Non a noi.
Non qui, adesso, alla Torre.
A noi spetta solo di garantire accesso, pluralità di vedute, abbondanza di fonti e ampiezza di informazione e idee.
E questo non perché non nutriamo anche personalissime forti riserve sul materiale proposto e sul tono del documentario, almeno per la sensazione che è nata in noi assistendo allo spettacolo pur senza capire un’acca del parlato; quanto perché ci ha offeso e indispettito a morte tutta la linea tenuta dai media, dal web mainstream e dall’informazione in questo conflitto e anche prima, per altre ragioni relativamente alle voci provenienti dalla controparte.
Ciò stante anche la natura, non secondaria, dell’idea che ci siamo fatti dei media generalisti e di Internet nel nostro “democratico” paese; soprattutto e in special qualità e misura quando abbiamo sperimentato direttamente sulla nostra pelle ricatto, vessazioni, discriminazioni e estorsioni da parte del nostro stesso Stato e delle Istituzioni che dovevano al contrario garantirci diritti; diritti e prerogative all’inviolabilità del corpo, detti da tutti, ipocritamente certo, inalienabili e intoccabili. Siamo stati trattati peggio non già dei comuni criminali, ma anche dei pedofili passati in giudicato.
Tali circostanze, quelle a cui ci riferivamo in apertura del pezzo, illuminano con vivo valore di diretta testimonianza esperienziale la sfiducia in noi cresciuta rispetto all’onestà di chi ci governa e di chi ci somministra informazioni e narrazioni. Anzi, la corroborano e fanno sì che non potremo né perdonare o dimenticare né le Istituzioni, né i Mass Media nel loro statistico insieme di soverchiante maggioranza. Per questo per noi “mostrare il censurato o evitabile o poco raccomandabile” è un preciso atto politico di rivendicazione ideologica e ideale.
È proprio questo quid di esperienza diretta che ci motiva non solo a mostrare quanto non vorrebbero mostrarvi, ma a ritenere doveroso ogni atto in tal senso quando si investe del valore politico della libera accessibilità ai contenuti e libera valutazione delle informazioni.
Scusate se è poco…